Alcuni Paesi europei o Regioni di Paesi europei (Germania, Baviera, Austria) hanno reso obbligatorio, per determinate attività (uso di trasporti pubblici, acquisti, etc.), l’uso della mascherina del tipo FFP2. In altre (Francia) le Autorità sanitarie (Haut Conseil de la santé publique) hanno evidenziato l’esigenza di rinforzare l’applicazione delle misure di prevenzione (ad esempio, prevedendo il distanziamento di due metri, in assenza di mascherina, escludendo l’uso delle mascherine di stoffa), anche se esclude la estensione delle maschere FFP2 alla generalità delle persone.
Da tener presente che molti Paesi, nell’aggravarsi della pandemia anche per le varianti del virus, indicano di sostituire le mascherine di tessuto (corrispondenti alle nostre mascherine di comunità) con quelle chirurgiche, che in Italia costituiscono già la regola (almeno per i posti di lavoro), secondo le indicazioni dell’autorità sanitaria.
Attualmente, il quadro regolatorio in Italia è rappresentato, sul versante normativo, dal DPCM 14 gennaio 2021 e, sul piano tecnico-scientifico, dalle più recenti circolari del Ministero della salute (in particolare, la circolare del 31 gennaio 2021) e delle indicazioni in sede europea (ECDC, Integrated COVID-19 response in the vaccination era 1 February 2021). Il Governo, nelle proprie FAQ, conferma la equivalenza delle mascherine.
Da registrare l’iniziativa della Provincia autonoma di Bolzano che, in una propria Ordinanza, raccomanda (quindi non si tratta di una prescrizione cogente) “che in tutte le attività produttive vengano adottate misure atte a ridurre la possibilità di contagio tra dipendenti e con l’eventuale clientela. Si raccomanda in particolare che, previa consultazione sindacale, siano ulteriormente promosse, se possibile, forme di lavoro a distanza, che sia incentivato l’utilizzo di dispositivi di protezione delle vie respiratorie FFP2, e che, sulla base di protocolli di sicurezza che individuino casi prioritari, sia offerta ai dipendenti la possibilità di sottoporsi periodicamente a test antigenici rapidi o molecolari”.
L’OMS, nel documento “Mask use in the context of COVID-19”, aggiornato al 1° dicembre 2020, non evidenzia la necessità di adottare mascherine FFP2.
Al livello scientifico, il dibattito si va aprendo alle considerazioni di un maggior rigore nella scelta delle mascherine in relazione alle variazioni del virus che, anche secondo le recenti indicazioni delle autorità sanitarie europee, si caratterizzano per una maggiore trasmissibilità e, in alcuni casi, maggiore gravità (v. anche la circolare del Ministero della salute dell’8 gennaio 2021). Le autorità sanitarie europee hanno anche evidenziato la probabilità molto alta di diffusione delle varianti anche in Italia (v. rapporto settimanale del Ministero della salute 5 febbraio 2021).
Su questa base, il Ministero della salute ha rivisto – per i casi di sospetta variante – il procedimento di ricerca e gestione dei contatti (contact tracing) (circolare 31 gennaio 2021), aggiornando anche le indicazioni con riferimento alla quarantena, ma senza intervenire – nemmeno in queste ipotesi – sulla tipologia di mascherina da indossare.
Ad oggi, dunque, nessuna indicazione pubblica è intervenuta a modificare la prescrizione contenuta nel DPCM 14 gennaio 2021, secondo il quale (art. 1, comma 8) “ai fini di cui al comma 1, possono essere utilizzate anche mascherine di comunità, ovvero mascherine monouso o mascherine lavabili, anche auto-prodotte, in materiali multistrato idonei a fornire una adeguata barriera e, al contempo, che garantiscano comfort e respirabilità, forma e aderenza adeguate che permettano di coprire dal mento al di sopra del naso”.
Resta anche confermata la previsione del Protocollo del 14 marzo 2020, qualora il lavoro imponga di lavorare a distanza interpersonale minore di un metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative è comunque necessario l’uso delle mascherine, e altri dispositivi di protezione (guanti, occhiali, tute, cuffie, camici, ecc.) conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie. Nella declinazione delle misure del Protocollo all’interno dei luoghi di lavoro sulla base del complesso dei rischi valutati e, a partire dalla mappatura delle diverse attività dell’azienda, si adotteranno i DPI idonei. È previsto, per tutti i lavoratori che condividono spazi comuni, l’utilizzo di una mascherina chirurgica, come del resto normato dal DL n. 9 (art. 34) in combinato con il DL n. 18 (art 16 c. 1)”.
È evidente, tuttavia, che la maggiore trasmissibilità e rischiosità delle varianti richiama immediatamente l’attenzione sulle misure di precauzione, in particolare sull’eventuale ricorso alla mascherina FFP2, ricordando che si tratta di un DPI e, quindi, necessita di indicazioni sull’uso corretto (in termini di formazione, informazione e addestramento).
Normalmente, la mascherina FFP2 è consigliata per gli operatori sanitari (che spesso utilizzano anche la FFP3, ancora più protettiva) e, in generale, per chiunque si trovi in una situazione ad alto rischio, che può essere rappresentata, per esempio, dal lavoro in spazi chiusi con poco ricambio d’aria e affollati (come nel caso, ad esempio, da parte degli operatori nei luoghi ove si svolgono prove concorsuali, laddove consentite).
È indubbio, infatti, che le maschere FFP2 rappresentino i dispositivi idonei anche per la tutela dell’utilizzatore, a differenza delle maschere chirurgiche, che sono progettate per evitare l’emissione nell’ambiente circostante da parte di che le indossa, e delle maschere di comunità, delle quali non assicurato alcun potere filtrante.
Paradossalmente, tuttavia, va evidenziato che un uso generalizzato (nella società o nei luoghi di lavoro non sanitari) potrebbe anche avere controindicazioni, come un uso inadeguato (che, come spesso accade per le altre mascherine, ne annulla l’effetto protettivo), il maggior costo (che potrebbe indurre ad un uso ripetuto scorretto) e la corsa all’accaparramento (che potrebbe sottrarre la disponibilità al personale sanitario).
In conclusione, alla data odierna le autorità nazionali non hanno formalizzato né disposizioni legislative né studi scientifici che comportano modificazioni alla vigente disciplina del ricorso alle mascherine chirurgiche nei luoghi di lavoro non sanitari.
Non può escludersi, tuttavia, che, in considerazioni della evoluzione della crisi pandemica anche con riguardo alla diffusione delle cd varianti del virus, il legislatore o l’autorità sanitaria potranno prevedere ipotesi, situazioni o luoghi che registrano un aggravamento delle condizioni e delle conseguenti misure di precauzione, prescrivendo, ove necessario, anche l’uso delle mascherine FFP2.
Anche in questo caso, in coerenza con il Protocollo del 14 marzo 2020, la scelta delle mascherine più idonee dovrà seguire le indicazioni del legislatore o delle Autorità sanitarie.