E’ stata pubblicata dal Ministero del Lavoro la Circolare n. 9 del 9 ottobre 2023 (in allegato) che fornisce indicazioni interpretative, in tema di contratti a termine, sulle disposizioni del D.L. 48/2023 (c.d. “Decreto Lavoro”) convertito in legge n. 8/2023.
Di seguito le principali indicazioni interpretative riportate nella circolare:
1. La nuova formulazione dell’art. 19, 1° comma, D. Lgs. 81/2015, prevede che i contratti a termine possano avere una durata superiore ai 12 mesi (nel limite complessivo dei 24 mesi o di quello diverso eventualmente previsto dal contratto collettivo applicato):
“a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;
b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
b-bis) in sostituzione di altri lavoratori”.
La circolare ha chiarito – come già sostenuto da Confindustria – che, nel caso in cui sia ancora vigente un contratto collettivo ex art. 51 D. Lgs. 81/2015 che abbia individuato “specifiche esigenze”, in base alla precedente formulazione dell’art. 19, lett. b-bis), queste potranno continuare ad essere utilizzate fino alla scadenza del contratto collettivo medesimo, senza la necessità di ricorrere all’autonomia individuale di cui alla nuova lett. b) dell’art. 19.
2. Così come già previsto per le proroghe, anche i rinnovi – in base alla nuova formulazione dell’art. 21 D. Lgs. 81/2015 – potranno essere “a-causali” solo nei primi dodici mesi di rapporto, “mentre viene confermato l’obbligo delle condizioni previste dall’articolo 19, comma 1, per eventuali periodi successivi ai dodici mesi”.
3. In base al comma 1-ter dell’art. 24, D.L. 48/2023, convertito in L. 85/2023, per l’applicazione della nuova disciplina di cui al 1° comma dell’art. 21 D. Lgs. 81/2015 (che consente proroghe e rinnovi “a-causali” nei primi 12 mesi di rapporto) si tiene conto dei soli “contratti di lavoro stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto”, con ciò facendo riferimento sia alle proroghe che ai rinnovi. La norma, quindi, consente alle imprese di stipulare nuovi contratti a termine “a-causali”, ovvero prorogare quelli in essere, fino ad un massimo di 12 mesi, anche con lavoratori con i quali avevano già intrattenuto rapporti pregressi. In questo caso, però, la decorrenza dei 12 mesi “a-causali” decorre dal primo giorno in cui (dopo l’entrata in vigore del decreto) o si stipula un vero e proprio rinnovo, oppure inizia l’eventuale periodo di proroga del rapporto in essere.
Tuttavia, va sempre tenuto a mente che:
- rimane fermo il limite massimo dei 24 mesi di cui al 2° comma dell’art. 19 (pertanto, è sempre necessario che, attraverso le proroghe ed i rinnovi “a-causali”, la durata complessiva dei vari contratti a termine succedutesi nel tempo – tenendo conto anche di quelli precedenti al 5 maggio 2023 (data di entrata in vigore del Decreto) – non superi il termine massimo di 24 mesi. Restano salve, chiaramente, le ipotesi in cui i contratti collettivi applicati nell’impresa consentano una durata complessiva superiore ai 24 mesi;
- eventuali proroghe o rinnovi intervenuti tra il 5 maggio ed il 4 luglio 2023 (data di entrata in vigore della legge di conversione, che ha introdotto le novità in punto di rinnovi ed il comma 1-ter dell’art. 24) dovranno essere computati ai fini del calcolo dei 12 mesi di “a-causalità”. Sul punto consigliamo di confrontare le esemplificazioni riportate nel citato documento di Confindustria.
4. Il comma 1-quater dell’art. 24 del D.L. 48/2023, convertito con L. 85/2023, infine, modifica l’art. 31, 1° comma, D. Lgs. 81/2015, prevedendo l’esclusione, dal limite quantitativo del 20%, dei lavoratori somministrati assunti con contratto di apprendistato e, se la somministrazione è a tempo indeterminato, dei lavoratori in “ex” mobilità, disoccupati che godono di trattamenti di disoccupazione (non agricola) o di ammortizzatori sociali da almeno 6 mesi e dei lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dell’articolo 2, numeri 4 e 99, del Regolamento (UE) n. 651/2014, come individuati dal decreto ministeriale del 17 ottobre 2017.